Diario di un traduttore
[Pensieri, riflessioni, ossessioni e sogni di un giocatore alle prese con la lingua inglese]

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mercoledì 28 febbraio 2007

Tempo di cambiamenti

La vita ogni giorno riserva delle sorprese, a volte piacevoli. Ciò che sta accadendo in queste ultime settimane intorno al G.I.T. è qualcosa che non era del tutto prevedibile, anche se (forse) immaginabile. No, non si tratta dell'annuncio di una nuova traduzione amatoriale, ma di qualcosa di ben più radicale che sta mutando il gruppo così come lo abbiamo conosciuto sino ad oggi... in meglio!
Vari punti sono ancora in via di definizione, e non saranno quindi ufficializzati finché non avremo la certezza del risultato. Alcune notizie importanti potrebbero però seguire nell'arco delle prossime settimane.

venerdì 16 febbraio 2007

Le fluttuazioni che fanno progredire

Dopo qualche giorno di "riposo" della mia vena creativa, mi trovo oggi nuovamente a pensare che davvero questo spazio vive molto più di ispirazioni momentanee piuttosto che di un ragionamento studiato e coerente. Il problema però che deriva da questa condizione è che ci sono periodi in cui le ispirazioni fervono la mia "penna" (in questo caso sarebbe stato più corretto scrivere "tastiera", ma così fa tutto un altro effetto) contrapposti a fasi che potrei invece definire "calanti", dove non ho davvero tempo per lasciarmi andare ai pensieri come vorrei. Queste "fluttuazioni" fanno parte della vita, e si ripercuotono inevitabilmente un po' in tutto (passioni, lavoro, ecc...) e quindi anche su questo diario.
Sono tante le bozze che butto giù durante le cosiddette "fasi creative", bozze contenenti idee su pensieri che un giorno o l'altro mi piacerebbe approfondire, non appena ne avessi il tempo e la concentrazione adatta. Per un post che avviene qui, se ne accumulano vari (ben celati agli occhi dei visitatori) che contengono magari solo qualche frase o, a volte, una parola chiave che da sola basta a rappresentare un concetto (basti pensare a "Uncanny Valley"... due parole che da sole per me indicavano un percorso intero).
E' così che funziona e progredisce questo blog...

venerdì 2 febbraio 2007

Uncanny Valley

Il concetto di Uncanny Valley risale al 1970 e fu introdotto da Masahiro Mori, esperto giapponese in ambito robotico che intravide un primo sensibile problema che avrebbe contrapposto gli uomini alle macchine, una barriera emozionale frutto della impersonalizzazione che quest'ultime hanno nel momento in cui voglio assomigliare ai primi, senza però esserlo davvero. Questa figura immaginaria della "valle", è dunque proprio qualcosa che separa la sfera dell'apparentemente umano dal completamente umano, creando così un senso di disagio di fronte a qualcosa che emana un senso di stranezza (magari non del tutto ricoducibile alla razionalità) ed evocando di conseguenza un allontanamento empatico.
La teoria dell'Uncanny Valley, sebbene nata pensando alla robotica, è una realtà che oggi si applica a tanti ambienti differenti, dai film ai videogiochi, passando anche per altre forme d'arte come la pittura. La più giovane di queste aree è certamente quella dei videogiochi, e questo non solo a causa del fatto che è giunta molto dopo gli altri "media" (mi si perdoni l'uso di questo termine per rappresentare anche le arti figurali, ma è ultile al fine del discorso), ma anche perché il problema del fotorealismo era (e lo è ancora) talmente distante che non si poteva davvero parlare di una impersonalizzazione dei personaggi rappresentati. Ora però siamo nell'era della next-gen, dove (apparentemente) sembra si sia davvero in grado di raggiungere un livello mai visto di realismo grafico. Ma si può davvero parlare di fotorealismo?

Gli Incredibili

L'Uncanny Valley non è un vincolo imprescindibile, e si può superare in vari modi, ma principalmente quello più facile è di aggirarla del tutto. Un esempio lampante da questo punto di vista sono i film d'animazione come quelli della Pixar, dove non si cerca di rappresentare davvero le sembianze umane, ma anzi le si modella per ottenere qualcosa di distante, di spiritoso e caratterialmente unico e non strettamente umano. Gli eroi degli Incredibili hanno sì due braccia, due gambe e una testa, ma non cercando davvero di essere in tutto e per tutto figure complete che si possano persino confondere per reali, bensì si pongono una distanza tale che lo spettatore non deve addentrarsi nella valle arrischiandosi di non uscirne. Un esempio contrario è invece il lungometraggio tratto dal videogioco Final Fantasy, che non riesce (al di là di carenze di altro tipo) nel tentativo di far immedesimare gli spettatori nei personaggi, pur essendo quello il suo scopo dichiarato. La sensazione di distanza che si viene a creare a causa di quella somiglianza non del tutto reale e tangibile è infatti una barriera che impedisce di passare oltre la valle, ma anzi imprigiona al suo interno.
Tornando all'ambito dei videogiochi, solo ora il problema sta iniziando a diventare reale, e questo proprio a causa della crescita delle capacità grafiche e fisiche che fanno sempre più assomigliare quel "mucchio di poligoni" al di là dello schermo come qualcosa di tangibile, di "fisico" (per l'appunto). Il problema dell'Uncanny Valley ciò nonostante è ancora piuttosto distante dai videogiochi, anche da quelli che più di tutti vorrebbero avere un engine fotorealistico: la sfera emozionale che viene intoccata da questo media è infatti ancora talmente limitata che (grafica a parte) ancora non è nemmeno in vista del traguardo. Se si fa eccezione della paura, sentimento che forse è quello più facile da scatenare in uno spettatore in quanto è anche quello più primitivo e legato allo spirito di conservazione, i videogiochi sono ancora incapaci di scatenare reazioni legati ad altri sentimenti quali l'amore e la tristezza. Quante volte capita di provare un sentore di malinconia osservano un film, e quante volte capita ciò in un gioco?

Heavy Rain

L'unica software house che sinora ha tentato questa strada è stata la Quantic Dreams, autore dell'acclamatissimo Fahrenheit. Ebbene, allo scorso E3, David Cage presentò davanti agli occhi di tutti una scena (una sorta di tech demo) che riuscì in pochi minuti ad attirare l'attenzione della fiera: nella scena non c'erano effetti grafici particolari, azioni degne di uno stuntman o altre cose simili, c'era solamente una donna e un suo monologo. Un monologo che si chiudeva con le lacrime sul volto del personaggio, lacrime come mai se ne erano viste prima. Certo, era solo una tech demo, e quindi bisogna poi analizzare il fenomeno cercando di capire se funzionerebbe anche all'interno del gioco e non solo come filmato da vedere supinamente, ma le premesse sono tra le più interessanti. E' stata superata la famigerata valle? No, non ancora, ma quei pochi minuti e quella donna digitale sono forse il primo passo dentro la valle stessa in un mondo di videogiochi che tende invece a muoversi parallelamente ad essa (forse proprio per paura di doverla affrontare). Basti infatti pensare alla grafica next-gen, spesso piena di effetti blur, di HDR e tante altre cose che in sé non sono realistiche, ma anzi, frappongono tra giocatore e gioco una distanza netta e univoca: tu, giocatore, sei esterno al gioco, non ne sei davvero dentro, non ne fai davvero parte. Un po' come, appunto, nei film d'animazione della Pixar.
Se quindi questa next-gen non sta davvero affrontando questo terreno, mi chiedo quale generazione lo farà, e se quando ciò accadrà si potrà davvero parlare di una nuova generazione... perché in fondo questa non è altro che un mero miglioramento estetico di ciò che avevamo già.

giovedì 1 febbraio 2007

Un gioco davvero infernale

Raramente seguo le uscite delle demo, e ancora più raramente mi capita di scaricarne una non appena viene rilasciata. Sebbene cerchi comunque di tenermi informato, cerco di installare solo quelle che più mi attraggono, dedicando quel poco tempo libero ai giochi veri e propri. Ciò nonostante, capita che di tanto in tanto ci sia qualcosa che mi convince a provare subito un videogioco: è questo il caso di Infernal (conosciuto precedentemente col nome di Diabolique, nome forse abbandonato causa la sua eccessiva somiglianza col ben noto personaggio fumettistico), action in terza persona che sin dai primi screenshot mostrava una cura per i particolari grafici degni di nota e un certo "carisma" che ben difficilmente si può esprimere.
Mosso da tali considerazioni e ansioso di provare con mano il risultato finale, mi sono apprestato ieri a installare la demo appena rilasciata. Come mi sento a monte? Dubbioso, molto dubbioso.

Infernal 1

Il potenziale per qualcosa di originale e divertente c'è, ma pare poco sfruttato o , peggio, considerato solo marginalmente. Sembra quasi che tutte le energie dei designer si siano esaurite con le ambientazioni e l'interessante background (sebbene non originalissimo) lasciando il tempo restante alla "sola" implementazione.
Iniziando dalle note positive, la grafica sembra davvero qualcosa di spettacolare: è vero, l'effetto di blur è davvero esagerato e affatto realistico (un giorno o l'altro dovrò dedicare un post al superamento dell'Uncanny Valley), ma è funzionale all'atmosfera di lotta tra il bene e il male, soprattutto grazie alla scelta cromatica che è ben bilanciata tra l'azzurro celestiale e il rosso infernale. Ancora più interessante è poi notare come tutto questo si muovi in maniera piuttosto agile, mostrando un engine ben realizzato che riesce a unire effetti e alta risoluzione (anche in widescreen) a una fluidità che sempre più raramente viene presa in considerazione in fase di design.
Se quindi gli occhi sono ben appagati, e le orecchie non possono lamentarsi, è la mente che però non riesce a concedersi totalmente alle atmosfere di Infernal. Il gameplay sembra infatti interessante e uniforme al tempo stesso, offrendo poca varietà al giocatore. E' pur vero che ho provato solo una demo molto limitata, ma quel che ho visto mi fa pensare a un action incapace di raggiungere i livelli di un Max Payne o anche "solo" di un Prince of Persia: gli scontri si riducono infatti all'uso della pistola (o di un'altra arma da fuoco o da lancio) e dei poteri a disposizione del nostro demoniaco personaggio. Quel che manca è la strategia: ad eccezione infatti della possibilità di appoggiarsi a muri alti o bassi, non viene lasciata alcuna scelta se non lo scontro frontale e bruto, incoraggiato anche dalla difficoltà di restare a corto di punti vitali.

Infernal 2

Forse il gioco finale saprà dire di più, ma al momento sono piuttosto dubbioso sulla sua natura e sulla possibilità che sappia ancora divertire dopo almeno un'ora di gioco.
L'unica vera nota negativa che mi sento di confermare già adesso è la localizzazione italiana: ascoltando il parlato e leggendo il sottotitolato si notano non poche traduzioni "maccheroniche" che sembrano effettuate da qualcuno che non solo non ha conoscienza del gioco, ma ha anche una visione piuttosto limitata dei modi gergali propri della lingua d'oltre Manica. Sicuramente non c'è la "mano" di un Babelfish, ma ci siamo quasi, per certi versi.