Diario di un traduttore
[Pensieri, riflessioni, ossessioni e sogni di un giocatore alle prese con la lingua inglese]

Questo blog si è trasferito su diariotraduttore.com!!

martedì 30 gennaio 2007

Chiavi ignare

Chiunque abbia un sito con un servizio di registrazione delle visite come ShinyStat sa che a volte i visitatori capitano sul proprio spazio proprio per caso. Tra le tante statistiche che servizi come questo offrono, c'è infatti quello di evidenziare tramite quali chiavi di ricerca si è raggiunto il sito... e la cosa simpatica è che di tanto in tanto ci sono frasi che nulla (apparentemente) c'entrano col resto del contesto. Dico però "apparentamente" perché in realtà basta un nome pubblicato in uno spazio più evidente (magari un titolo) per far indicizzare quella parola a un motore di ricerca. E questo, soprattutto nei casi dei blog dove molti termini vengono usati come metafore per indicare qualcos'altro, porta a qualche nota divertente.
Qui sotto riporto quindi alcune di queste chiavi, naturalmente con relativo commento (altrimenti che divertimento ci sarebbe?):

  • "come ritrovo partizione persa" - boh, sinceramente non lo so :-|
  • "ho bisogno di un traduttore di latini" - spiacente, qui si parla di inglese... e poi è troppo che non tocco il latino :-)
  • "il morto" - uhe, non scherziamo O_O
  • "galeone" - questo davvero mi domando come abbia fatto a finire sul mio blog
  • "call of duty 3 frasi a fine partita" - non so, forse un ciao? :-)
  • "cambiare lingua su messenger" - mi han preso per una guida :-D
  • "west taglia wanted" - hanno messo un taglia su di me? O_O
  • "significato pizza e fichi" - beh, è un modo di dire... insomma, qui è appunto come pizza e fichi :-D
  • "ugo di baux" - chi? :-|
  • "irraggiungibile" - tanto irraggiungibile il mio blog non deve essere davvero :-D
  • "pensieri la nascita di un figlio" - è successo qualcosa di cui non sono ancora stato informato? O_O
Insomma, potrei andare avanti una giornata intera a citare strane chiavi di ricerca che in modi imprescrutabili hanno portato qui qualche visitatore ignaro... magia dei motori di ricerca e dell'indicizzazione automatizzata del web.

lunedì 29 gennaio 2007

Quale conoscenza?

Quale conoscenza deve avere un traduttore della linga dalla quale, o verso la quale, traduce? Il documento pubblicato dall'AITI, a cui ho già più volte fatto riferimento nelle ultime settimane su questo spazio (vedere link a fine post), pone una questione molto precisa:

Scrivere e parlare sono due cose diverse. La padronanza della lingua parlata non garantisce uno stile di scrittura altrettanto apprezzabile. - AITI, Guida all'acquisto dei servizi di traduzione

Ma è vero che si può avere un livello di conoscenza diversa di una lingua dal parlato allo scritto? Certamente sì, e da questo punto di vista l'appunto è molto preciso. Questo però non implica che un traduttore di questo tipo non sia in grado di affrontare una traduzione, e difatti subito dopo l'AITI "corregge il tiro" specificando quanto segue:

Anche se utilizzate comunemente il francese, l'inglese o lo spagnolo per lavoro e trascorrete lunghi periodi all'estero, nel 99% dei casi le frasi che cercherete di mettere per iscritto suoneranno subito "straniere". E' un problema? Può non esserlo quando [...] desiderate che il vostro testo abbia un gusto "esotico". - AITI, Guida all'acquisto dei servizi di traduzione

In realtà quindi la scelta dovrebbe dipendere da quello che si vuole sia il "tono" (o appunto il "gusto") dell'opera finale. Un traduttore più esperto nella lingua parlata probabilmente avrà una spiccata tendenza a conoscere modi di dire gergali e i suoi lavori saranno probabilmente più adatti ai dialoghi, che alle narrazioni.
L'AITI comunque non si ferma qui, e successivamente descrive la situazione inversa:

Insegnare una lingua straniera è un'attività impegnativa che richiede un insieme di competenze specifiche, che tuttavia raramente coincidono con quelle necessarie per eseguire traduzioni scorrevoli e stilisticamente adeguate. - AITI, Guida all'acquisto dei servizi di traduzione

L'esempio dell'insegnante è agli antipodi rispetto a quello precedente: dove infatti il primo era esperto nel gergo vocale, il secondo è grande conoscitore della forma e della grammatica. Una traduzione però che rispetti eccesivamente le regole grammaticali può essere sì fedele all'originale, ma probabilmente risulterebbe anche essere impersonale e poco coinvolgente in contesti simili a quelli dei videogiochi.
Infine, la guida AITI pone un'ultima questione: il buon traduttore opera sempre verso la propria lingua madre, salvo rarissime eccezioni.

D'accordo, le eccezioni esistono, ma non sono mai molte. [...] Se la traduzione è effettivamente accurata e scorrevole e se il traduttore garantisce la stessa qualità anche per il vostro testo, vale la pena di provare. - AITI, Guida all'acquisto dei servizi di traduzione

Sinceramente, è difficile contraddire quanto sopra: pur conoscendo l'inglese, non mi sentirei davvero a mio agio a effettuare una traduzione verso l'inglese. O meglio, lo farei, ma su contesti un po' più "complessi" non potrei probabilmente raggiungere lo stesso livello di un traduttore inglese.
Riassumendo quanto sopra, chi è quindi un bravo traduttore? E' chiaro che non esiste una figura univoca che racchiude questa "professione" (virgolette d'obbligo, visto che non solo di professione si deve parlare), ma che al contrario ne esistono molte che si adattano a seconda delle circostanze. Ovviamente non si può sempre suddividere un lavoro tra tante persone diverse, soprattutto se si parla di traduzioni amatoriali. In generale penso comunque che un traduttore del primo tipo (ovvero quello che non ha una conoscenza perfetta della grammatica, ma se la cava con la lingua parlata) sia quello più indicato e diffuso per quanto concerne l'ambito del G.I.T., dove i testi parlati e le forme gergali sono sicuramente più all'ordine del giorno e più adeguate al contesto, rispetto a un rigido rispetto della forma.

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Cosa tradurre?
Quale è il compromesso migliore?

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sabato 27 gennaio 2007

Inutilità

Coltivare un hobby, una passione, non è mai uno spreco di tempo! Sembra quasi inutile scriverlo, ma a volte si rende necessario come è capitato in questa discussione sul forum del G.I.T.!
La mia reazione iniziale davanti alla frase "evitate di perdere tempo" è stata inizialmente sin troppo impulsiva, e infine prima di scrivere una risposta ho dovuto cercarmi di tranquilizzarmi e pensare a una risposta che non fosse eccessivamente aggressiva. Il motivo però della mia reazione è quanto mai semplice: tradurre è per un gruppo come il nostro una passione che non è vincolata a un ritorno in fama o in soldi (attenzione, non sto parlando di traduzioni ufficiali, che sono un'aspetto molto distante e che mai si confondono con quelle amatoriali da cui ha avuto origine il gruppo). E' una passione che in certi casi potrebbe anche essere fine a sé stessa. In fondo non poche traduzioni sono nate così: emblematico da questo punto di vista fu il caso di Luca "Bibo64" che si avvicinò al G.I.T. traducendo Master of Orion 3 per i suoi due figli piccoli che ancora non erano in grado di affrontare l'inglese con la dovuta sicurezza.

Useless

Ovviamente fa piacere che un lavoro che ha richiesto mesi e fatica sia ben accetto da altri utenti, e che tutta quella "fatica" sia corrisposta dal poter vedere altri giocatori godersi il frutto della propria passione. Ma questo non è (né dovrebbe mai esserlo) un requisito principale... è un surplus, qualcosa in più che seppur rendi orgogliosi non è condizione necessaria per poter continuare sulla propria strada. Ecco perché non è mai inutile dedicarsi a un gioco, a una traduzione, a un progetto. Ecco perché è soggettivamente spiacente vedere qualcuno giudicare così bruscamente un qualcosa che si sente essere importante (al di là del gioco in sé). Per alcuni, però, tutto è dovuto.
E qui si giunge alle vere note dolenti: sebbene si faccia tutto questo nel tempo libero, per alcuni (davvero molto pochi, c'è comunque da dire) pare che le traduzioni amatoriali siano qualcosa che è loro dovuto, quasi i gruppi fossero delle società pagate affinché prestino i loro servigi. Nulla è però dovuto, se non che alla propria passione, l'unica che davvero ha diritto a reclamare a gran voce la pretesa di vedere un progetto completato.
E' davvero denigrante leggere frasi come quella riportata sopra, ed è per questo che ho chiuso quella discussione nella speranza che non mi capiti ancora spesso di dover moderare il forum.

venerdì 26 gennaio 2007

Spazio e tempo

Il tempo trascorre per tutti, è inevitabile. Il motivo di questo semplicissimo pensiero nasce da questa discussione sul forum di Multiplayer.it, una discussione nata da uno spunto forse non nuovo, ma sempre molto interessante: si può diventare troppo "vecchi" per giocare? Se sì, quando ce ne si rende conto? Esiste un'età limite e una data di inizio?
Come è chiaro che sia, le risposte a quest'ultima domanda sono in entrambi i casi "no"! Ma alle altre domande non è possibile rispondere con tanta certezza, e questo perché il concetto stesso di videogioco è qualcosa che è molto distante dal vecchio significato ludico, ovvero quello di almeno una generazione fa. Una volta, infatti, il gioco era considerato esclusiva dei bambini, qualcosa che andava perduto negli anni insieme all'età della pubertà. In realtà questo non implicava comunque che una volta non ci si potesse divertire man mano che si cresceva, ma che semplicemente i mezzi tramite cui svagarsi cambiavano inesorabilmente così come i gusti.
Ora, invece, ci troviamo davanti al videogioco, che non è più qualcosa di limitato all'infanzia (anzi, semmai l'esatto opposto, ma qui ci torno dopo), bensì è un mezzo che da un semplice divertimento è maturato sino a essere promosso come un vero e proprio media, quasi al pari di televisione e cinema (il quasi è ancora d'obbligo, purtroppo, ma col tempo ci si può arrivare). Come infatti non ci si stufa mai, nell'arco degli anni della propria vita, di guardare film, così non ci si stanca davvero più di "videogiocare".

Spazio e tempo

Non cambia quindi il mezzo, ma il come: tanto quanto i gusti di un adulto sono molto distanti da quelli di un bambino in termini cinematografici, così i nostri gusti (di noi videogiocatori non più di "primo pelo") sono variati nel tempo. Ciò che rende infatti il videogioco un media completo è la sua offerta che spazia ormai in ogni campo, dal casual game per rilassarsi, al gioco complesso e ragionato degno di una mente più esperta, coprendo così ogni fascia di età.
Ecco perché non esiste un'età limite, ecco perché in realtà questo stupendo media sta crescendo insieme a noi cercando di offrirci la possibilità di restare ancora lì, davanti allo schermo, a qualsiasi età. La dimostrazione? Provate a vedere le risposte nella discussione che ho linkato sopra... troverete di tutto: persone di età differenti, culturalmente e socialmente forse anche distanti, ma accomunate da una passione che davvero non ha né spazio, né tempo.
Ma a proposito di spazio e tempo, qualcuno si ricorda quando è nato il controllo WASD per i giochi in prima persona e gli action? So che la domanda sembrerà strana in questo contesto, ma me ne stavo giusto oggi chiedendo il motivo e non sapevo darmene una risposta, e magari qualcuno può aiutarmi...

venerdì 19 gennaio 2007

Quale è il compromesso migliore?

La traduzione perfetta non esiste. Su questo non ho alcun dubbio. Esiste al più la traduzione ben fatta, quella curata in ogni particolare, dalla forma alla punteggiatura, dal rispetto per l'originale a tutti quei particolari che ne possono fare un lavoro degno di nota. Ma come fare a capire come raggiungere tale obiettivo? Quale è il compromesso migliore tra una buona traduzione e un rilascio che non sia eternamente rimandato?

Durante un incontro all'ambasciata moscovita, un famoso calciatore italiano che aveva preso qualche lezione di russo disse "ia goluboj" a un gruppo di austeri funzionari: è la traduzione letterale di "sono azzurro", peccato che in russo significhi "sono gay". - AITI, Guida all'acquisto dei servizi di traduzione

Questo divertente episodio riportato nel documento del'AITI è particolarmente significativo se si pensa che non sempre è facile tradurre un testo, soprattutto se quest'ultimo contiene dei "doppi sensi" di cui non si è a conoscenza: nel migliore dei casi il senso originale andrebbe perso, ma nel peggiore dei casi si potrebbe anche incorrere in equivoci simili a quelli del calciatore. Proprio a tal proposito si deve sempre fare attenzione al contesto in cui è contenuta ciascuna frase: nel caso di dialoghi o di testi dal tono più confidenziale è infatti più probabile incontrare modi di dire o frasi fatte rispetto a testi formali o dall'aspetto più "illustrativo" (come può essere un tutorial, o una guida in-game).
A parte il contesto, l'attenzione del traduttore dovrebbe anche essere incentrata su ciascuna frase in sé stessa: se questa una volta trasportata nella propria lingua sembra apparire fuori luogo, allora è molto probabile che in realtà l'autore intendesse dire qualcos'altro che non è stato inizialmente percepito. Mentre quindi il primo controllo in base al contesto può essere fatto mentre si traduce, il secondo spesso viene rilevato in fase di rilettura. Una volta che si è capito però di trovarsi davanti a un caso come questo, come si procede? Di norma non esiste un modo univoco per procedere, e quindi si tratta ciascun caso come a sé stante (sempre nel rispetto del contesto).

Fable

Particolarmente esplicativo è il caso di Fable, gioco che traducemmo ufficialmente per conto di Vertigo Translations. Ebbene, questo gioco presentava vari testi in rima, facenti parte di alcune filastrocche e ritornelli che una specie di menestrello decantava. La traduzione di queste frasi (di cui si occupò il bravissimo Andrea "Entreri") fu particolarmente complessa proprio perché si voleva cercare di mantenere il più possibile intatti lo spirito scanzonato e tutti i doppi significati che vi erano annidati, nonché le rime. Naturalmente la lettura di tali testi nella versione italiana davano una sensazione leggermente diversa da quella originale (certi doppi sensi in italiano non esistono), ma ugualmente riuscimmo a mantenere rime e ritmo, garantendo contemporaneamente il tono tipico dei bardi medioevali, dato che quello era appunto il contesto.
Le linee guida AITI suggeriscono agli autori di evitare di costruire testi su immagini che possono derivare dalla propria cultura, dando così ai traduttori un contenuto che sia il più possibile portabile senza alcun trucco linguistico. Naturalmente nell'ambito dei videogiochi in generale questo consiglio non è spesso applicabile, e certamente non riguarda la figura del traduttore di cui ho parlato io sinora. Anche questa volta, quindi, ho preso spunto da un pensiero specifico per trarne una visione più generale applicata alla realtà del G.I.T.!

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giovedì 18 gennaio 2007

Uno, due, tre, quattro...

Un gruppo, due traduzioni aggiornate e ampliate, tre sorprese preparate per l'occasione, quattro anni di Game Italian Translation... e a tutto questo ci sarebbero da aggiungere anche altri numeri, come ventuno giochi tradotti, quattro progetti attivi, nove traduzioni ufficiali, otto membri attivi e undici membri "storici", ecc...
Le statistiche che si sono infatti accumulate in questi quarantotto mesi di G.I.T. sono talmente tante che potrei andare avanti ancora per molto a dare numeri.
Tornando però ai numeri che danno il titolo a questo post, le tre sorprese (di cui avevo dato una piccola anticipazione proprio su questo mio spazio) sono state ufficializzate ieri sera sul sito del gruppo, ma voglio riportarle anche qui:

  • Emperor: Battle for Dune, la cui traduzione è stata completata (con certosina pazienza) da parte di Luca "Krenim", che ha sottotitolato ciascun filmato BIK del gioco, frase per frase
  • Darwinia, i cui testi volevo da tempo rivedere per migliorarne la forma e la scorrevolezza di lettura
  • Defcon (ovvero il "Def..." a cui mi riferivo qui), che però è ancora un lavoro in corso, ma che non potevamo esimerci dal tradurre vista la nostra passione per lo stile e la creatività unica della Introversion Software

Le tre sorprese del G.I.T.

A monte di tutto c'è però da dire una cosa, ovvero che non si tratta di sorprese progettate a tavolino. Non avevamo quindi stabilito che per il 17 gennaio avremmo avuto pronti due lavori e avremmo potuto annunciarne un terzo, e questo semplicemente perché così avremmo dovuto porre un limite, una scadenza, ai nostri lavori amatoriali, cosa che non abbiamo mai fatto, né vorrei davvero trovarmi mai a fare. E' però capitata l'occasione di poter raccogliere queste tre novità in un evento solo, ovvero il nostro compleanno, e allora ne abbiamo colto l'occasione... un modo come un altro per chiedere a tutti di unirsi a noi in questa particolare ricorrenza.
Peraltro pensavo che sarebbe stato bello pubblicare quattro sorprese al posto delle tre che avevamo stabilito, visto che quattro erano gli anni, ma poi mi sono reso conto si sarebbe trattato di una "sorpresa" forzata, creata ovvero solo per quel singolo evento... perdendo così significato. Meglio tre sincere, che quattro di cui una prodotta ad-hoc.
Quindi... uno, due, tre, quattro! E ora il prossimo traguardo sarà quello fatidico dei cinque anni, un traguardo che davvero ha un'importanza tutt'altro che secondaria per un gruppo semi-amatoriale come il nostro. Buon compleanno, Game Italian Translation!

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mercoledì 17 gennaio 2007

Un cantiere senza fine

Ebbene sì, il mio diario subisce una svolta. Dopo tanto tempo che quest'ultimo ha infatti risieduto su uno spazio del sito del G.I.T., oggi ha cambiato dominio spostandosi su BlogSpot.com, ovvero quello gestito da Blogger. Il motivo è da ricondursi ai vari problemi tecnici che il blog stava subendo negli ultimi tempi, ai quali avevo già accennato in questo post.
Mi spiace molto lasciare il vecchio dominio, perché comunque tutto il mio blog risiedeva in quello spazio, ma purtroppo non posso fare altro che cambiare. Il passaggio richiederà vario tempo nel quale dovrò aggiornare link e post, oltre naturalmente a pubblicare un avviso al vecchio indirizzo (altrimenti qui non giungerà mai nessuno). Nel frattempo, il mio diario sarà nuovamente un "cantiere"... a quanto pare i lavori sono destinati proprio a non finire mai.

martedì 16 gennaio 2007

Cosa tradurre?

Quando è effettivamente necessario tradurre un testo? Questo mio spunto riflessivo nasce da un capitoletto tratto dal documento di cui ho parlato nel mio ultimo post. In realtà le intenzioni di quest'ultimo sono differenti dalle mie: dove infatti esso si pone nei confronti del traduttore professionista che deve scegliere insieme al cliente cosa è meglio non tradurre (in quanto non necessario), io preferisco invece vestire i panni del traduttore che deve scegliere qualcosa da tradurre e, all'intero di questo, cosa tradurre. Proprio a tal fine sopra ho usato il termine "spunto".
Tornando al merito della questione, quello che è il punto principale da cui nasce ogni traduzione amatoriale è anche probabilmente quello più sottovalutato di tutti:

  • cosa tradurre?
  • è necessario tradurre tutto?
Limitandosi a un'analisi della scena amatoriale, i criteri sono principalmente personali, ovvero legati alla sfera dei proprio gusti e preferenze. E' così che ho iniziato a tradurre Clive Barker's Undying, così Chaser, così Darwinia, così Def... (ops, di questo non devo ancora parlare :-D). Anche in questo caso, però, spesso ci si deve trovare a compiere una scelta, in quanto non si può inseguire contemporaneamente ogni desiderio, ogni preferenza. La tentazione principale che infatti può rapire un traduttore è quella di buttarsi anima e corpo in troppi progetti per volta, per poi rischiare di non terminarne nemmeno uno (quante traduzioni ho rimandato nel tempo a causa di tutto ciò? troppe, mi verrebbe da dire... ed ecco perché conosco bene questo problema). Ed è proprio qui che deve intervenire la razionalità che dovrebbe risolvere una delle due domande che avevo posto sopra.
Una volta compiuta una scelta ci si trova quindi davanti ai testi veri e propri, e allora interviene la seconda domanda, ed è qui che si scopre che non è affatto necessario tradurre proprio tutto! Innanzitutto un buon traduttore non deve mai forzare una lingua straniera nella propria quando questo processo può diventare esasperante. L'uso di terminologie straniere è infatti consigliato ogni qualvolta che l'uso di una traduzione potrebbe rovinare o interferire con quello che è il tono o il contesto generale. Il voler a tutti i costi localizzare ogni parola può risultare molto più pesante all'occhio dell'utente finale di quanto non avrebbe fatto il mantenimento dell'originale.
Senza però addentrarci nell'annosa questione sulla traduzione di termini tecnici (cosa che mi riservo di fare prossimamente, sempre in questo "ciclo" dedicato alla pubblicazione dell'AITI), il dover scegliere "cosa tradurre" è anche legato a un altro aspetto: spesso i videogiochi contengono infatti alcune parti che per vari motivi erano stati in prima analisi inseriti, per poi risultare inutilizzati causa "change requirements" in corso d'opera. Ciò da una parte può portare il traduttore a scoprire divertenti retroscena (sapevate che Delta Force: Black Hawk Down inizialmente doveva permettere ai giocatori di guidare anche i mezzi, tra cui gli elicotteri?), ma da un'altra lo può portare fuori strada concentrandolo su parti poi impossibili da testare, con somma perdita di tempo.
Da tutto quanto scritto sinora si evince quindi come la fase iniziale di creazione di una traduzione è in realtà davvero molto più importante di quanto non si pensi, al punto da influenzarne spesso anche gli sviluppi successivi. E per questo, non andrebbe mai sottovalutata, sia a livello amatoriale (quello di cui ho trattato io sinora), sia a livello professionale (quello di cui si è invece occupata l'AITI).

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giovedì 11 gennaio 2007

Guida all'acquisto dei servizi di traduzione

A causa di alcune "recenti" letture, mi sono reso conto di come su questo blog non ho probabilmente mai accennato all'AITI, associazione italiana che si occupa di raggruppare e rappresentare la scena delle traduzioni nel nostro bel paese. AITI è infatti una sigla che significa Associazione Italiana Traduttori e Interpreti: come si evince chiaramente, questo gruppo non si occupa solo della sfera traduttoria nel senso stretto (lo stesso con le quali le intendiamo al G.I.T.), ma anche di interpretariato. Il mio interesse ha comunque sempre riguardato solo la prima parte, e quindi è ad essa che farò riferimento.
Nell'ultimo periodo dello scorso anno, l'AITI ha pubblicato sul suo sito un documento dalla lettura tanto semplice, quanto esaustiva. Il titolo? Guida all'acquisto dei servizi di traduzione. Questa pubblicazione (in realtà un prodotto internazionale, scritto da Chris Durban e intitolato "Translation getting it right") è una sorta di vademecum che serve a:

... distinguere fra traduzioni valide e meno valide, fra condizioni di lavoro ragionevoli e improponibili, fra l'utilità di collaborare con il professionista e l'inutilità del "fai da te". - AITI, Guida all'acquisto dei servizi di traduzione

Ma perché un documento di questo tipo dovrebbe interessare un traduttore, visto che si pone dalla parte dell'acquirente? La risposta è quanto mai scontata: perché il traduttore deve cercare sempre di soddisfare le esigenze del cliente finale, che esso sia effettivamente una persona fisica sola o una cerchia molto più ampia (come appunto nel caso delle traduzioni del G.I.T. che si rivolgono non a un solo individuo, ma a una schiera di appassionati), e può raggiungere questo obiettivo solo ponendosi lui stesso domande e dubbi circa l'efficacia di una traduzione rispetto a un'altra, proprio come farebbe un utente qualsiasi.

Associazione Italiana Traduttori e Interpreti

Addentrandomi nella guida sono stati vari gli spunti interessanti che vi ho trovato (nonostante, lo ripeto, la sua apparente semplicità), spunti che posso riassumere in alcune domande chiave:

  • è davvero necessario effettuare una traduzione?
  • come si fa a stabilire quale è il compromesso migliore, in base alle proprie esigenze?
  • a chi dovrebbe essere affidata?
  • meglio tradurre da o verso la propria lingua madre?
  • come si deve coadiuvare il traduttore nel suo lavoro?
  • per essere bravi, è necessario essere bilingui?
  • come affrontare la traduzione di termini tecnici?
Tutto questo (principalmente) è contenuto in solo quelle 17 pagine. Dati gli spunti, penso però che non tratterò ciascuno di essi in questo post (rischierei di non finire più), ma ne suddividerò i pensieri tra più giornate, cercando di capire meglio quello che è il mio obiettivo relazionato ad essi.
Su alcuni principi mi trovo infatti d'accordo, ma su altri trovo che la visione documentata sia un po' troppo orientata al solo mondo lavorativo/professionale, quasi che tutto ciò che esista al di fuori di essa si possa escludere ed etichettare come "inadeguata". Per esperienza diretta non mi sento di accettare a priori questa tesi, senza escludere, naturalmente, che abbia un fondo di verità (soprattutto in alcuni campi particolari).
Per il momento mi fermo quindi qui, ma nei prossimi giorni mi dedicherò a ciascuna delle domande poste sopra.

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mercoledì 10 gennaio 2007

Immaturità

Il tema della violenza nei videogiochi è davvero uno di quelli più abusati nel mondo estraneo a PC e console, un tema che spesso e volentieri viene trattato con superficialità e senza completa cognizione di causa. Non voglio però fare una filippica sulle prese più o meno politiche intorno a queste controverse vicende, bensì voglio cercare di vedere questo vasto argomento da un punto di vista diverso: quello dei videogiocatori!
Partendo dal sempre valido presupposto che un minorenne non dovrebbe mai poter giocare a certi titoli (così come non dovrebbe assistere a certi film), sono i maggiorenni, coloro che più "saggiamente" dovrebbero recepire i messaggi al di là della violenza apparente, su cui voglio concentrarmi. Recentemente ho letto una discussione circa (mi spiace dargli spazio, ma serve allo scopo della trattazione e quindi non posso farne a meno) la "censura" che ha subito Super Columbine Massacre RPG allo Slamdance Film Festival, manifestazione che vede protagonisti cinema e videogiochi insieme (soprattutto quelli della cosiddetta scena "indie", ovvero quella amatoriale e semi-indipendente).
Questo controverso videogioco, creato con lo sfruttatissimo RPG Maker di cui ho già parlato in passato su questo blog, non è nient'altro che un gioco di ruolo amatoriale dove si interpretano i due personaggi che si resero protagonisti, il 20 Aprile del 1998, della strage alla Columbine High School, negli USA. Un modo per trattare seriamente un evento tragico, da cui trarne un insegnamento, o un misero tentativo di farsi pubblicità attraverso un nome che tanta incredulità ancora suscita oggi, a distanza di tanti anni?
Questa credo che sia la domanda fondamentale da porsi, eppure non è quella che si pongono tutti: secondo alcuni, infatti, un gioco come questo può davvero essere fonte seria di riflessione su quanto accaduto nella Jefferson County, ancor più di un film o di uno scritto. Tralasciando che anche questi due media spesso e volentieri non sono garanzia di serietà, vien da pensare che un videogioco non sia esattamente la scelta giusta, in quanto non solo fa rivivere quelle drammatiche vicende, ma pone anche lo spettatore nel ruolo vivo e palpante di quei due ragazzi, divertendo quest'ultimo nel ricreare tutto quanto accaduto. E' questo stesso concetto di divertimento, insito nei videogiochi, che non può essere (ancora, perlomeno) un modo serio per trattare argomenti di tale portata. Oltretutto in questo modo non si da la possibilità allo spettatore di scegliere da quale parte porsi, come invece accade in un film o in un libro, ma lo obbliga a una scelta sola (quella degli autori) che non lascia liberà di cognizione.
Se si guarda al passato, inoltre, si vede come ogni movimento fatto in questa direzione non è stata altro che un mero tentativo di attirare attenzione su un prodotto che di per sé era non solo superficiale, ma persino incoerente e incompleto. Basti pensare a nomi come Hooligans e Postal, nomi che ora sono sulle labbra di molte persone, senza però averne avuto un vero merito. Ciò che si rammenta di questi titoli non è infatti la giocabilità, la grafica o quant'altro... ma la violenza. Una violenza fine a sé stessa, priva di riflessione, priva di spunti da cui trarre un qualsiasi insegnamento. Una violenza atta solo ad attirare attenzione sul proprio prodotto, per farlo uscire da quel purgatorio in cui altrimenti sarebbe rimasto per sempre. E' così che un gioco insignificante può diventare tutto a un tratto famoso e discusso in tutto il mondo o quasi.

Che si parli male di me, purché si parli di me. - Winston Churchill

Non posso fare altro che pensare che Churchill con quella frase avesse evidenziato un concetto tanto semplice quanto elementare, e il tutto si applica (quasi drammaticamente) anche a questi videogiochi: ogni critica, ogni attacco alla loro violenza non è infatti altro che un modo per farne parlare. In nessun altro caso oggi Hooligans verrebbe ricordato, eppure la violenza ingiustificata che contraddistingueva lo ha reso quel che è oggi: conosciuto, se non persino famoso.
E' qui che mi chiedo come mai non si riesca sempre a vedere oltre questa violenza e giudicare un gioco per quel che è, ovvero un mezzo immaturo per cercare di trattare argomenti come quello della Columbine High School, un mezzo che viene troppo spesso sfruttato "violentemente" (questa volta sì) per raggiungere fini ben distanti dalla riflessione.
Super Columbine Massacre RPG è questo: un gioco superficiale creato con un tool amatoriale, un gioco di cui nessuno avrebbe mai sentito parlare. Eppure, oggi, grazie al tema da lui trattato, è stato censurato e in vari si domandano quale ne sia stato il motivo: alcuni intravedendo un ennesimo tentativo di "violenza governativa", altri vedendo chiaramente l'evento per ciò che è... ovvero una manovra commerciale.
Forse il problema legato alla violenza nei videogiochi non è solo tale a causa della superficialità con cui viene trattato da politici e "letterati" (concedetemi il termine e cercate di capire cosa intendo veramente), ma è anche legato ai giocatori stessi, che spesso mancano di autocoscienza sopravalutando il ruolo dei videogiochi (non escludendo, chiaramente, che un futuro anche quest'ultimi possano raggiungere livelli che oggi possiedono altri media... in fondo anche il cinema, da semplice strumento di svago è divenuto quel che è oggi).
Non sto comunque sostenendo che un gioco debba essere privo di violenza: Doom, tanto per fare un nome noto a tutti, ne è pienamente caratterizzato eppure non credo affatto che sia affiancabile ai giochi citati sopra. La sua violenza è infatti finalizzata al divertimento puro ed è parte stessa del gioco, una violenza che non vuole cercare legami con fatti realmente accaduti, ma che semplicemente si pone sul piano al quale i videogiochi sono strettamente legati... quello ludico. E' proprio questa base (composta da gameplay, interattività, ecc...) che ne fa un gioco meritevole di essere ricordato, una base che invece Super Columbine Massacre RPG non possiede e, anzi, banalizza.
Il media videoludico non è ancora maturo, ma ha la potenzialità per farlo... deve solo trovare la strada giusta. O, forse, la devono trovare i giocatori, prima ancora dei giochi.

martedì 9 gennaio 2007

Citazioni da traduzioni

DarwiniaMolto tempo fa, i Darwiniani iniziarono a lavorare a un Tempio. Per loro, credo, era un modo per poter comunicare con me.
Non pensavo però che realmente sarebbe potuto succedere.
Era davvero qualcosa di ingegnoso: trovarono un modo per allineare una porta di collegamento con quello che credevano essere il Paradiso... ovvero il deposito d'anime al centro di Darwinia.
Pensando di parlare a Dio, aprirono un flusso di dati e iniziarono a scaricare file dal mio computer.
I miei programmi di ricerca furono stati i primi a essere trasferiti attraverso il collegamento.
La mia attenzione era purtroppo concentrata su altre cose... avrei dovuto osservarli con più attenzione.
In questo modo ottennero gli schemi e i disegni su come fu costruita Darwinia. Non erano pronti per informazioni di questa importanza.
Per la prima volta davvero, iniziarono a capire la natura della loro esistenza digitale.
Successivamente scaricarono tutte le mie e-mail, e fu allora che mi accorsi che qualcosa non andava.
Temendo ciò che sarebbe potuto accadere, spensi il collegamento. Ma ormai era troppo tardi.
Tra le e-mail ce ne erano due contenenti spam infettato con un particolare Virus dannoso.
Non potevo credere a cosa stava accadendo.

~ Dr. Sepulveda

Darwinia, storia dei Darwiniani

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lunedì 8 gennaio 2007

Sorpresa!

Quattro anni... tanti sono (quasi) passati da quando il Game Italian Translation è nato nell'ormai lontanuccio 17 gennaio dell'anno 2003. Quattro anni nei quali il gruppo è cresciuto e ha cambiato forma, mantenendo intatto quel "nucleo" che ancora oggi lo contradistingue e lo mantiene attivo.
Non sono qui però per anticipare i festeggiamenti di tale evento, ma semplicemente per comunicare su questo mio spazio che in sua occasione ci saranno un paio di sorprese che pubblicheremo: una sarà più "materiale" (frutto di un lavoro piuttosto lungo e faticoso), l'altra un po' meno (anche se qualcosa di più concreto la seguirà certamente). Quest'ultima può essere persino untuita da chi ha letto attentamente il nostro forum (Ragfox, ad esempio, sa già certamente di cosa parlo), mentre la prima sorprenderà più di una persona.
Non mi dilungo oltre, e nel caso abbia incuriosito quei pochi che giungono sin qui, non mancate di visitare il sito del G.I.T. il giorno 17 di questo mese!

Aggiornamento: visto che le due "sorprese" che abbiamo pensato per il nostro quarto compleanno non ci bastavano, ce ne sarà pure una terza (sempre di tipo "materiale"). Anche per questa vi rimando direttamente a mercoledì 17!

mercoledì 3 gennaio 2007

Mi virtualizzo

PC nuovo, possibilità nuove. E' da parecchio tempo ormai che a lavoro ho scoperto l'utilità di avere a disposizione una Virtual Machine, a tal punto che in ufficio non ne potremmo fare a meno per i nostri progetti. La capacità di creare una nuova macchina in pochissimo tempo, e di poterci lavorare sopra senza timore di fare danni da possibilità di sperimentazioni (soprattutto in campo sistemistico, ma non solo) davvero ampie e prive di controindicazioni.
Una Virtual Machine è infatti come un computer normale, solo che risiede sopra un'altra macchina che ne simula le funzionalità: un solo computer fisico può pertanto contenere quante VM si desideri, e ciascuna di esse non risiede su una partizione del disco, ma risiede in alcuni files che autonomamente contengono il suo sistema operativo e il suo disco fisso. Rimuovere o creare una di queste macchine è quindi semplicissimo e non intacca mai il computer fisico che le ospita.
Il motivo per cui descrivo tutto ciò è che, finalmente, anche sul mio PC di casa posso iniziare a fare uso di Virtual Machine per fare esperimenti vari, sempre conscio che in caso di problemi posso rifare quest'ultima e ritornare esattamente alla situazione di partenza senza che il mio PC subisca alcun danno.

WMware Workstation 5.5

La mia prima macchina virtuale ha come sistema operativo Windows XP Professional SP2, ovvero lo stesso che ho sul mio PC, ma presto mi preparerò una VM Linux con Ubuntu (la versione 5.10 di quest'ultimo mi era piaciuta molto e vorrei avere ancora occasione di fare alcune prove, magari con la nuova versione 6.10 che sto giusto oggi scaricando).
Insomma, sto scoprendo il piacere di virtualizzare sempre più il mio PC e di sperimentare cose nuove senza il timore di dover formattare tutto al primo guasto o errore.
Ah, quasi dimenticavo: il software con cui creo tutto questo è WMware Workstation... se vi capita dategli un'occhiata. Potreste davvero scoprire che dentro un PC solo possono risiedere molte più cose di quel che non pensavate.