Diario di un traduttore
[Pensieri, riflessioni, ossessioni e sogni di un giocatore alle prese con la lingua inglese]

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domenica 29 aprile 2007

Consigli per gli acquisti

Svariati mesi fa su un numero di Videogiochi avevo letto un'interessante intervista a tale Geoff Graber, amministratore di Double Fusion, società che opera nel campo dei videogiochi. Il pensiero di Geoff si concentrava sulla pubblicità nei videogiochi e sulle possibilità che potrebbero essere concesse grazie l'uso di questo strumento, possibilità (naturalmente) di natura economica, soprattutto per quelle software house che maggiormente si trovassero in difficoltà.
L'intervista, poco più lunga di una pagina, lasciava tanti spunti interessanti, ma anche altrettanti punti aperti: ad esempio, come inserire pubblicità in un gioco fantasy, senza stravolgere del tutto il gioco e rovinare l'esperienza stessa di gioco? La conclusione (parziale) era che non tutti i giochi avrebbero naturalmente potuto usufruire dello stesso uso della pubblicità in-game, delineando di fatto già alcune limitazioni di questa strategia economica. Ma al di là di questo, il problema maggiore era come inserire la pubblicità stessa.
Da indagini di mercato risulta che quei giochi che già fanno uso di pubblicità (si pensi ad esempio ai cartelloni a bordo campo nei giochi di calcio, o a quelli a bordo pista nei giochi di guida) non davano i risultati sperati: in pratica i giocatori non si accorgevano davvero di quei messaggi, tendendo ad ignorarli come se fossero naturali elementi di sfondo. Graber sottolineava quindi come fosse necessario trovare nuovi modi per inserire messaggi nei giochi, modi che coinvolgessero la pubblicità in maniera più interattiva all'interno del gameplay stesso.
Personalmente coltivo molti dubbi su una simile strategia: al di là infatti dell'ovvio ribassamento dei costi di produzione (che potrebbe favorire anche lo sviluppo indipendente), mi preoccupa l'integrazione di tutto ciò all'interno del gameplay. Può tutto questo peggiorare l'esperienza di gioco vera e propria?

Consigli per gli acquisti

Mentre ancora probabilmente si stanno concependo nuove strategie, ho letto che secondo una ricerca condotta da eMarketer tra il 2006 e il 2011 verranno investiti in tutto 2 miliardi di dollari nella pubblicità all'interno dei videogiochi. La cifra, divisa in tanti anni, non è impressionante, ma di certo fa capire come l'interesse sia in crescita e possa avere un ruolo non del tutto secondario come è avvenuto sino ad oggi. A tal proposito, ecco la dichiarazione di Paul Verna, analista piuttosto conosciuto in questo campo:

La pubblicità in-game offre terreno fertile e si evolverà in nuove piattaforme, tipologie e soluzioni. Grazie alle tecnologie in seno ai videogiochi i pubblicitari investiranno grossi capitali, aiutando non poco le case di sviluppo nell'evoluzione di questi prodotti e nella revisione dei prezzi. - Paul Verna, "Video Game Advertising: Getting to the Next Level"

Pur evitando facili ottimismi, è nel campo degli MMORPG che lo stesso Verna identifica il campo migliore dove intervenire, quello dove il messaggio pubblicitario potrebbe passare con maggior facilità.
Le immagini che riporto sopra sono solo degli esempi elaborati da alcuni appassionati, ma sono piuttosto emblematici. Dobbiamo aspettarci solo casi simili nel futuro? O ci sarà molto di più (compra tre bottiglie di Coca Cola e vinci una nuova armatura in World of Warcraft, tanto per fare un esempio)?

venerdì 27 aprile 2007

L'oblio dei videogiochi

Ci sono giochi che per un motivo o per un altro non escono in tutto il mondo, vuoi perché sono disegnati per un particolare mercato (come spesso accade per vari titoli giapponesi), vuoi perché per svariati motivi non si riesce a trovare un produttore disposto a investire su tutti i mercati europei/americani.
Capita così che ci siano giochi che nei negozi italiani non troveremo mai, se non a causa di un fortuito intervento di un distributore locale, come nel caso di Birth of America che senza l'intervento di WaywardXS molto probabilmente sarebbe rimasto un titolo d'importazione parallela.
Questi pensieri nascono dal mio recente interesse per alcuni giochi che, per uno dei motivi sopra, non sono mai giunti nel nostro belpaese; tra questi ci sono The Fall: Last Days of Gaia e Shadowgrounds.
Il primo è un action-RPG che riprende le atmosfere proprie dello scenario post-apocalittico di Fallout, riapplicando però il tutto con una chiave più tattica (sulla scia quasi di Fallout Tactics). Da buon amante della vecchia (come datazione, non certo come gameplay) serie di Interplay, mi sarebbe piaciuto provare a immergermi anche in questo nuovo titolo, se non fosse stato che purtroppo da noi non è mai giunto. Per l'esattezza, la distribuzione di The Fall si è fermata a pochi paesi tra cui la Germania, la Polonia e la Spagna (quest'ultima però priva di ogni supporto tecnico). Il gioco non è giunto nemmeno, strano a dirsi, nel caro vecchio Regno Unito. L'unico modo per venirne in possesso pare quindi quello di rivolgersi all'importazione e successivamente a una traduzione amatoriale che permetta di localizzare in lingua inglese tutti i testi del gioco (per una volta tanto, unna traduzione verso l'inglese, piuttosto che viceversa). Da lì poi forse si potrà partire anche per un progetto italiano... chissà. Il problema ora comunque consiste nel venire in possesso di una copia del gioco, visto che ci si può solo affidare a negozi online tedeschi (e, ovviamente, io non capisco una parola di tedesco).

L'oblio dei videogiochi

Shadowgrounds è un gioco molto diverso, quasi old-style pur col suo aspetto sci-fi: il suo gameplay consiste infatti in uno sparatutto che richiama quasi la sala giochi di una volta, con una visuale a "volo d'uccello" a rafforzare ulteriormente questa sensazione. Il personaggio si trova così circondato spesso da nemici, a fare fuoco su orde di mostri di vario tipo. Ma Shadowgrounds non è solo questo: è anche un gioco con una storia (non impegnativa, d'accordo, ma quel che c'è tanto basta) che si mostra in brevi dialoghi con gli altri personaggi del gioco. La "sventura" di questo gioco è non aver mai trovato un distributore per il territorio italiano, anche se in questo caso una versione ufficiale inglese esiste già, senza ulteriori interventi di natura amatoriale.
Questi due giochi sono comunque solo due dei tanti casi ai quali più recentemente mi sono interessato, ma in realtà ne esistono tantissimi altri. Forse l'era del digital delivery risolverà un futuro problemi di questo tipo, e in parte sicuramente questo sta già accadendo oggi: i costi di stampa, distribuzione sono in pratica ridotti a zero lasciando solo il costo del mantenimento del servizio di download e pagamento, (praticamente irrisori), dando al contempo il grandissimo vantaggio di poter davvero raggiungere ogni computer del mondo. Certo, la vendita al dettaglio nei negozi pur con tutti i suoi costi ha ancora tantissimi vantaggi (tra cui il semplice, ma mai banale, "farsi conoscere"), ma quei gruppi che non avessero molti soldi da spendere in questo ambito potrebbero trovare risultati degni di nota nella distribuzione digitale via banda larga.
Resta da capire perché The Fall e Shadowgrounds non abbiano seguito questo percorso.